«È colpa tua!»
Per alcune persone, quella di incolpare gli altri è una modalità utilizzata per allontanare da sé le responsabilità e ad ottenere anche maggiore attenzione.
Riversare le colpe sugli altri, attribuire le responsabilità dei propri errori su chi ci sta vicino, significa voler evitare di fare i conti con ciò che non è andato bene, o che non siamo riusciti a far bene.
«È colpa tua se tua madre si è ammalata e poi è morta, se tu non fossi nata non sarebbe successo» oppure: «È colpa tua e dei tuoi problemi se ora non posso passare la vecchiaia come volevo», e poi: «Da quando sei nato tu è andato tutto storto, e io neanche ti volevo!».
Tutte frasi che fanno rabbrividire. Ma sono vere, non inventate, emesse nelle varie sedute di psicoterapia.
In molti casi emerge la disperazione, l’infelicità, la rabbia per una malattia o per altri gravi accadimenti, od anche per un destino ingiusto, che pensiamo di non meritare.
Ecco che si deve trovare obbligatoriamente un colpevole, chiunque sia, nel tentativo di arginare i nostri errori, e così renderli per noi, più tollerabili.
Diverso il caso delle persone per cui incolpare gli altri è una modalità pervasiva, utilizzata costantemente in varie occasioni, tramite un generale atteggiamento vittimistico tendente ad allontanare da sé stessi le responsabilità e ad ottenere attenzione o benefici.
Suscitare negli altri i famosi “sensi di colpa” è anche un modo per manipolarli. Spesso non viene fatto in modo esplicito, ma con una modalità più subdola, indiretta e ambigua, come nelle comunicazioni di tipo passivo-aggressivo: «No, non ti preoccupare per me…tanto sono abituato a dovermi sempre arrangiare da solo», ecc….
Carl Rogers, padre fondatore della Psicologia Umanistica, amava ripetere “La sola persona che non può essere aiutata è quella che getta la colpa sugli altri.”
Ma perché incolpiamo le altre persone dei nostri insuccessi?
Prima di comprenderlo, però, è bene conoscere come funziona questo meccanismo, ovvero l’abitudine di rendere gli altri responsabili di tutto ciò che di cattivo ci accade.
Quello di privarsi delle responsabilità, al fine di attribuirle agli altri, è atteggiamento sempre più comune.
Chi ha la tendenza a incolpare gli altri spesso non si dimostra in grado di compiere autoanalisi, un’accurata riflessione sui fatti, individuandone criticità, limiti e potenzialità, errori, e finisce immancabilmente con l’attribuire le cause di ogni fallimento o mancato successo esclusivamente fuori da sè.
Gli altri, chiunque siano. Il partner, l’insegnante, la dirimpettaia, il governo o le scie chimiche.
Incolpare altri è facile. Perchè quando lo facciamo immediatamente smettiamo di ritenerci responsabili. Insomma, è l’opposto di essere responsabili. E sappiamo bene che esserlo significa prendersi carico delle nostre azioni e delle conseguenze.
Di ciò che si è fatto e di ciò che non si è fatto, di ciò che abbiamo sbagliato e di ciò che dovremmo correggere. E, tutto questo, diciamolo pure, comporta fatica!
Incolpare significa non essere vulnerabili: se non siamo stati noi ad aver sbagliato, perchè mai dovremmo sentirci in colpa?
Inoltre ci permette di eludere le emozioni negative, perchè farlo scarica con facilità il proprio dolore emotivo, e protegge il nostro ego.
Si, perchè se si attribuisce la colpa a qualcun altro che non siamo noi, ci si mette automaticamente in una posizione superiore, facendoci sentire più importanti rispetto a chi ha “sbagliato”, o al “cattivo”.
E così facendo si finisce con l’attirare l’attenzione, qualificandosi come una persona “buona” vittima delle cattiverie altrui.