Mamma, perchè mi uccidi? In aumento i casi di figlicidi. I più famosi li ricordiamo bene, a cui si aggiunge il recente che riguarda la piccola Elena, uccisa dalla mamma. Ed ogni volta restiamo sbigottiti da simili atti violenti, proprio perchè innaturali.
Tante le domande, una su tutte: “Che cosa scatta nella testa di una madre che compie un gesto di questo tipo?”
Cerchiamo di capirlo. Quando i genitori si sentono proprietari della prole, a volte si crea una distorsione per cui il figlio diventa “una proprietà”.
E talvolta, questi nostri piccoli, diventano oggetti, cose da spartirsi, o armi di vendetta da usare. Diverso è l’infanticidio, che è pur sempre un delitto, ma dove l’affettività è meno importante, rispetto ad un figlio più grande con cui si ha un vissuto, un attaccamento maggiore.
Come il caso della piccola Elena, uccisa proprio dalla donna che l’aveva messa al mondo. L’ultima immagine, della piccola che si fionda tra le braccia della mamma, avvinghiandosi con tutte le forze, denota la ricerca di amore, e la certezza di potersi fidare di lei.
Poi, ecco il tradimento della fiducia, vigliacco, imperdonabile, innaturale.
Quando la minaccia arriva proprio dai genitori, coloro che sono i custodi primi dei figli, c’è da fermarsi e chiedersi perchè proprio chi ti ha generato ti uccide.
Al di là delle motivazioni apparenti ed intrinseche, che ogni caso le rappresenta in modo diverso, c’è da considerare sotto il profilo prettamente psiconeurologico che in questi ultimi due anni si è notato un aumento ponderale di aggressività tra le persone, e di un sistema di connessioni neuronali che è stato duramente provato, proprio dal terribile periodo di pandemia.
Due anni in cui siamo stati, chi più, chi meno, tutti sotto pressione e spaventati da qualcosa che non si conosceva, accompagnato dal frastuono dei media che hanno aumentato l’eco del terrore, creando forte insicurezza, e caos.
Non dimentichiamo che l’essere umano vive di sicurezze, ha necessità di stare in uno spazio, una dimensione in cui sentirsi protetto.
Se viene a mancare questo, tutto il “Sistema” del nostro cervello ne subisce le conseguenze. Attiva la modalità di “difesa- attacco e fuga” e agisce di conseguenza.
Si tratta di una giovane mamma, forse ancora acerba come genitore, ed in un tessuto sociale forse non sufficientemente tutelante.
Non parlerei di follia, perchè il raptus prevede altre modalità, parlerei di disconnessione dei sistemi prefrontali, quelli che regolano le capacità di gestione della vita. Probabile che, per vari motivi, siano stati disconnessi, e quindi, anche uccidere la propria prole diventa una modalità correlata ai “sistemi di sopravvivenza”.
Un sistema complesso quello del nostro sistema cervello, ma se si comprende il suo funzionamento, si può arrivare a capire tante vicende che ci appaiono incredibili, nel vero senso del termine.
Un piccolo accenno: il nostro sistema cervello può essere definito Trino (cognizione orami antica in letteratura scientifica, ma ancora degna di considerazione): si divide in Corteccia, la parte più esterna, in cui ha sede la regione Prefrontale, che è quella che regola i nostri comportamenti relazionali e sociali, l’Encefalo, diviso in due grandi aree ( rettiliano e mediano).
Cosa accade quando, a causa di eventi traumatici o lunghi periodi di insicurezza? Accade che la regione prefrontale disconnette, e anarchicamente permette l’entrata in funzione di un sistema di sopravvivenza. Se, in questa fase si viene a determinare che anche il proprio figlio sia un pericolo, o limite, o danno a se stessi, ecco che si può arrivare ad esplosioni psicotiche che portano ad eliminarlo.
Credo serva pensare seriamente come arginare questo profondo senso di insicurezza che ormai sembra aver preso sempre più campo. Occorre usare toni meno catastrofici, e allarmistici, e tornare a dare un senso di protezione sociale, di tutela che serve a tutti.
Senza questa azione, che lo ripeto, è urgente, sarà una discesa libera verso l’esasperazione e la perdita di controllo, con le conseguenze che , ahimè, anche noi psicoterapeuti vediamo ogni giorno.
Dai figlicidi, ai femminicidi, tragedie che si potrebbero prevenire con maggiori attenzioni, maggiore ascolto e tutele.