Si può morire di tristezza?

Si può morire di tristezza?  Quasi tutti sperimentano nella vita episodi di grave lutto, perdita di  qualcuno che amiamo, o situazione lavorativa che cambia al punto tale da gettarci nella più profonda disperazione.

Per molti, il dolore è così forte da sentirne gli effetti anche nel corpo. Così, è possibile sviluppare sintomi psicosomatici disparati, perdere l’appetito, il sonno, soffrire di emicrania, sentire del dolore al petto, fare fatica a respirare. Il dolore si manifesta in quella che alcuni definiscono “sindrome del cuore spezzato”, sintomatologia ben precisa provocata dalla reazione del cuore in seguito ad un processo di aumento degli ormoni dello stress.

A questa sindrome hanno attribuito molti nomi: “sindrome di Tako-tsubo”, “sindrome da ballooning apicale” o “cardiomiopatia da stress“.

I meccanismi di funzionamento e l’eziopatogenesi di questo doloroso disturbo non sono ancora stati chiariti, la ricerca ha messo in luce, però, che tutta la genesi parta da una scarica di ormoni, le catecolamine, inviata dal sistema nervoso simpatico che in dosi massicce arriva a creare proprio senso di dolore al cuore.

E’ l’iper-attivazione del sistema nervoso simpatico, con le conseguenze che ha, come la depressione e altre malattie la cui incidenza aumenta nei soggetti ( appunto) depressi, il responsabile di questo fenomeno.

Lo stress, lo abbiamo detto più volte, è dovuto anche a fattori di questo tipo: un dolore da perdita di qualcosa a cui si tiene molto.

In aggiunta a quanto sopra, nei soggetti interessati è possibile riscontrare nel sangue numerose molecole immunologicamente attive: le proteine della fase acuta e le citochine pro-infiammatorie attivano le piastrine e la tendenza alla coagulazione aumenta.

Allo stesso tempo, lo stress influenza il sistema nervoso autonomo, con fatali effetti sulla regolazione della frequenza cardiaca. Il muscolo cardiaco si adatta alle cattive sollecitazioni esterne il polso e la frequenza cardiaca aumentano. Ciò che le nostre nonne chiamavano “crepacuore”, dunque, esiste.

E’ una condizione clinica rara, per fortuna, ma è opportuno in questi casi trattare la variabile psicologica al pari di quella medica proprio perché ciò che sostiene il persistere della patologia è proprio l’umore depresso.

 

La stretta relazioni tra il pessimismo e la poca voglia di vivere, e quindi di lasciarsi andare e l’incidenza di alcune patologie, va oltre: è una sorta di deterioramento psicologico progressivo che porta però a un risultato definitivo sul nostro corpo.

La sindrome del cuore spezzato, che si manifesta con sintomi che possono simulare una malattia coronarica acuta, merita attenzione.

Cerchiamo di evitare tutto questo, rivolgendosi a specialisti che possono aiutare a rialzarci in piedi, e proseguire con nuovo senso della nostra vita.

Perchè la vita, di senso ne ha molto!